Rita Atria
«La picciridda»

« Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.
Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta. »

Rita Atria
(Partanna, 4 settembre 1974 – Roma, 26 luglio 1992)
è stata una testimone di giustizia italiana.
(da Wikipedia, l'enciclopedia libera).




* da: SENZA MEMORIA - viaggio nella storia dimenticata (Rai 3)

Roma, Quartiere Tuscolano. In una palazzina rosa di Viale Amelia c’è una finestra aperta al penultimo piano . Fa proprio caldo e l’unico rumore che si sente è il ronzio delle pale di enormi ventilatori. Rita, una ragazzina di 18 anni, sta studiando per gli esami di maturità. Sotto i libri il suo diario pieno zeppo di intime confessioni e di vari pensieri. Si alza spesso dalla sua scrivania, non riesce a concentrarsi e così guarda nervosamente dalla finestra i tetti delle case di fronte. Ogni tanto scende giù una lacrima, si asciuga il suo bellissimo viso con un fazzoletto di carta e torna a studiare. È l’estate del 1992, fa sempre più caldo e Rita si è sdraiata sul letto. Non si trova bene in questa grande città. Che ci fa una picciridda a Roma, una picciridda che non si era mai mossa dalla sua Partanna? Non si trova bene neanche in quella casa accogliente in viale Amelia perché non è sua. Le è stata affidata dal ministero dell’Interno in attesa del processo.
Vorrebbe abbracciare la madre, ma lei è rimasta in Sicilia. Vorrebbe abbracciare il suo nuovo ragazzo, ma al momento non c’è. Non c’è nemmeno Piera, la cognata anche lei di Partanna, con la quale divide l’appartamento romano.
Passano tante albe e tanti tramonti e arrivano puntuali anche gli esami di maturità. Non è poi tanto nervosa e il giorno del tema sceglie velocemente la traccia: “la morte del giudice Falcone ha riportato ad attualità il tema della mafia…”
I suoi occhi fissano la parola mafia. In fondo questo argomento lo conosce bene, potrebbe scrivere decine di pagine su quello che ha vissuto a Partanna in casa sua. Proprio lì ha conosciuto la mafia, proprio tra quelle mura, quando vedeva suo padre e suo fratello e si intratteneva con il fidanzato.
Il padre di Rita faceva il paciere a Partanna. Si chiamava Don Vito Atria, ufficialmente pastore di mestiere, ma era un uomo che si occupava di qualsiasi problema. Per tutti trovava soluzioni e fra tutti, metteva pace. Anche suo fratello Nicola faceva parte di Cosa Nostra e il fidanzato Calogero stava diventando anche lui un picciotto.
A Partanna, così come ad Alcamo e nell’intera provincia, erano però scoppiate le guerre di mafia. I sanguinari corleonesi volevano in tutti i mandamenti solo uomini fidati e stavano cercando di spazzare via tutte le vecchie famiglie. A contendersi la Valle del Belice ce n’erano due: gli Ingolia e i Cannata. Quest’ultimi però erano molto più potenti e con l’aiuto dei Corleonesi, in piena ascesa in tutta la Sicilia, stavano vincendo la guerra di mafia a via di omicidi e agguati.
Saranno decine e decine i morti in quella città tra il 1987 e il 1991. Tra questi anche il paciere di Partanna Don Vito Atria, il papà di Rita, ucciso due giorni dopo il matrimonio del figlio Nicola con Piera Aiello. Nicola era nervoso in quei giorni. Voleva vendicarsi, costi quello che costi. Rita, distrutta, riversava tutto il suo affetto e la sua devozione verso di lui. Nicola così le parlava delle persone coinvolte nell’omicidio del padre, del movente, di chi comanda in paese, delle gerarchie, di chi tira le fila… Rita era solo una ragazzina di diciassette anni ma stava diventando custode di segreti più grandi di lei.
Nicola però non fa in tempo a vendicarsi perché anche lui verrà ucciso il 24 giugno 1991. Sua moglie, Piera Aiello, però inizierà presto a collaborare con la giustizia e farà arrestare tantissime persone. Calogero invece ripudia il fidanzamento con Rita, perché ormai lei è parente di Piera, una schifosa collaboratrice di giustizia. Rita ormai non ha più nessuno, resta sola.
Non si vuole però arrendere come ha fatto sua madre. Condividendo tutto quello che stava facendo la cognata, decide che deve darsi da fare anche lei. Non può più tollerare i silenzi omertosi della mamma. “Io sono solo una ragazzina che vuole fare giustizia” scrive nel suo diario mentre i mafiosi di Partanna continuano ad uccidersi nelle strade del paese.
Il 5 novembre del 1991 Rita esce di casa. Invece di andare a scuola va dritta nell’ufficio di Paolo Borsellino, allora procuratore a Marsala. ” Mi chiamo Rita Atria e mi presento alla signoria vostra per fornire notizie e circostanze legate alla morte di mio fratello e all’uccisione di mio padre” dice emozionata al giudice.
Borsellino inizia ad ascoltarla attentamente. Rita parla e tantissime persone finiscono in manette. In paese tutti ora la odiano e anche la madre non ne vuole più sapere di quella figlia che parla con gli sbirri. Borsellino sempre più preoccupato per le sorti della picciridda le dice chiaramente: “Piglia una cartina dell’Italia, taglia il triangolino della Sicilia e buttalo via per sempre. La Sicilia la devi dimenticare!”
Rita così ora vive a Roma. Pensa continuamente a Paolo Borsellino dedicandogli tante pagine del suo diario. Anche il giudice ormai la considera come una figlia e fa di tutto per andarla a trovare a Roma. In quei famosi 57 giorni dalla morte di Falcone, Borsellino va due volte a Roma a trovarla. “Chissà come sta la picciriddda?” si chiedeva ogni qual volta i mass media davano brutte notizie.
Il 19 luglio del 1992 purtroppo anche Borsellino salta in aria. Rita apprende la notizia dalla televisione. È crollato il suo mondo. Lo “zio Paolo” non ci sarà più a difenderla da tutto e tutti. Scrive nel suo diario: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita”.
È passata una settimana dalla strage di Via d’Amelio e a casa di Rita non c’è nessuno. È sola. Osserva con le lacrime agli occhi la luce proveniente dalla finestra e si avvicina a piccoli passi. Dopo pochi attimi si butta giù. È il 26 luglio 1992. Il suo corpo verrà trovato sul selciato sotto quella finestra al penultimo piano di viale Amelia. La caduta l’ha uccisa.
Qualche tempo dopo i funerali, la madre ha preso un martello e ha fracassato senza pietà la lapide sulla tomba della figlia. Eccola la mafia, quel cancro così letale che distrugge anche il rapporto speciale tra madre e figlia.



Biografia

Rita Atria nasce in una famiglia mafiosa ed a undici anni perde, ucciso dalla mafia, il padre Vito, mafioso della famiglia di Partanna.
Sono gli anni dell'ascesa dei corleonesi e della guerra di mafia che li vedrà impegnati in sanguinosi omicidi di uomini delle cosche rivali per la presa del potere.
Alla morte del padre, Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata Piera Aiello. Di Nicola, anch'egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna.
Nel giugno 1991 Nicola Atria verrà ucciso dalla mafia, e sua moglie Piera Aiello decide di collaborare con la giustizia.

L'una di notte e non riesco a dormire.
Sono molto preoccupata e per la prima volta dopo la morte di Nicola ho una gran paura, non per me, ma per mia madre.
Il motivo è che stasera, alle 11,35 circa, ho sentito bussare alla porta.
Io e mia madre eravamo sveglie, ma le luci erano spente, mia madre dopo che hanno continuato a bussare insistentemente, ha chiesto chi era, e una voce ha risposto che era Andrea e che era venuto a fare visita.
Mia madre non l'ha riconosciuto e gli ha chiesto di andare via, ma lui insisteva, io invece ho riconosciuto subito la voce, non appena l'ho sentito parlare: era Andrea D'Anna, il ragazzo che mio padre faceva lavorare con lui in campagna, e che il giorno del suo assassinio lo accompagnava nei campi.
Andrea ha insistito dicendo che voleva entrare, ma dopo che mia madre gli ha detto più volte di andarsene, perché era tardi, lui si è finalmente deciso e si è diretto verso il vicolo che è di fronte a casa mia, e che arriva alla strada prima della nostra , cioè la via Manzoni.
Dopo un po' ho sentito il rumore di una macchina che partiva, ho detto a mia madre chi era, perché lei ancora non lo aveva capito.
Andrea non veniva a casa mia da più di cinque anni, ma la cosa di cui sono sicura è che è venuto per uccidermi, perché conosco le amicizie che ha con gli appartenenti al clan degli Accardo.
So benissimo che porta sempre con sè una pistola e che dopo aver smesso di lavorare da noi, si fa comprare per fare i lavori più sporchi e illeciti che vi siano.
Tutte le mattine che ho preso l'autobus, ho incontrato Massimo, suo fratello, che come lui fa di tutto per guadagnare soldi, e mi sono accorta che da due settimane quasi è un'abitudine.
Stamane non sono andata a scuola perché dovevo raccogliere olive e credo proprio che sia stata la mia fortuna.
Se stamani fossi uscita per recarmi a scuola, sono quasi certa che mi avrebbero ucciso.
Troppe combinazioni[...] Stasera Andrea non era ubriaco, era capace di fare ciò che gli Accardo, per mezzo dei suoi soldatini, hanno ordinato di fare, cioè uccidere me e mia madre.
In lui c'era troppa insistenza gentile.
Ho detto a mia madre che era tutto a posto, ho inventato delle scuse per tranquillizzarla, ma ho proprio paura che domani mi uccideranno.
Spero che le mie paure siano infondate, ma in caso contrario spero non facciano del male a mia madre, la mia paura è per lei, non posso lasciarla nei guai.
Domani avvertirtò il brigadiere, ma prima devo assicurarmi che mia madre sia al sicuro.
Spero non sia l'ultima volta che scrivo in questo quaderno.
Rita Atria


Rita verrà portata via da Partanna nel giro di poche ore raggiungendo Piera Aiello a Roma. "Quando è arrivata Rita non aveva neanche un borsone: solo quello che portava addosso.

Non ha avuto di prendere niente. Tranne il diario" (Piera Aiello).

La madre di Rita non ha mai avuto problemi con la mafia perché si è dissociata dalle azioni della figlia.
Anche il giorno della tumulazione (Rita non ha avuto un funerale in quanto la chiesa lo ha negato - solo nel 1997 hanno organizzato con molta fatica una messa in suo nome che di fatto rappresentava una specie di funerale differito) ha preferito rimanere fede all' "onore" negando a Rita anche l'ultimo saluto.




Rita Atria, a soli 17 anni, nel novembre 1991, decide di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi.
Il primo a raccogliere le sue rivelazioni fu Paolo Borsellino al quale ella si legò come ad un padre.
Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre deposizioni hanno permesso di arrestare diversi mafiosi e di avviare un'indagine sul politico Vincenzino Culicchia per trent'anni sindaco di Partanna.
Una settimana dopo la strage di via d'Amelio, si uccise a Roma dove viveva in segretezza lanciandosi dal settimo piano.
Rita Atria per molti rappresenta un'eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, finanche agli affetti della madre (che la ripudiò e che dopo la sua morte distrusse la lapide a martellate), per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia.
Rita (così come Piera Aiello) non era una pentita di mafia, non aveva infatti mai commesso alcun reato di cui pentirsi.
Per questo la sua collaborazione assume un valore ancora più alto e correttamente ci si riferisce a lei come "testimone di giustizia", figura questa che è stata legislativamente riconosciuta con la legge 13/2/2001 n. 45.



Il tema dell'esame di maturità....
"La morte del giudice Falcone... [








* Dal tema di maturità di Rita Atria

TEMA
La morte del giudice Falcone ripropone in termini drammatici il problema della mafia. Il candidato esprima le sue idee sul fenomeno e sui possibili rimedi per eliminare tale piaga.

SVOLGIMENTO
La morte di una qualsiasi altra persona sarebbe apparsa scontata davanti ai nostri occhi, saremmo rimasti quasi impassibili davanti a quel fenomeno naturale che è la morte del giudice Falcone, per chi aveva riposto in lui fiducia, speranza, la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto, era un esempio di grandissimo coraggio, un esempio da seguire.
Con lui è morta l'immagine dell'uomo che combatteva con armi lecite contro chi ti colpisce alle spalle, ti pugnala e ne è fiero.
Mi chiedo per quanto tempo ancora si parlerà della sua morte, forse un mese, un anno, ma in tutto questo tempo solo pochi avranno la forza di continuare a lottare.
Giudici, magistrati, collaboratori della giustizia, pentiti di mafia, oggi più che mai hanno paura, perché sentono dentro di essi che nessuno potrà proteggerli, nessuno se parlano troppo potrà salvarli da qualcosa che chiamano mafia.
Ma in verità dovranno proteggersi unicamente dai loro amici: onorevoli, avvocati, magistrati, uomini e donne che agli occhi altrui hanno un'immagine di alto prestigio sociale e che mai nessuno riuscirà a smascherare.
Ascoltiamo, vediamo, facciamo ciò che ci comandano, alcuni per soldi, altri per paura, magari perché tuo padre volgarmente parlando è un boss e tu come lui sarai il capo di una grande organizzazione, il capo di uomini che basterà che tu schiocchi un dito e faranno ciò che vorrai.
Ti serviranno, ti aiuteranno a fare soldi senza tener conto di nulla e di niente, non esiste in loro cuore, e tanto meno anima.
La loro vera madre è la mafia, un modo di essere comprensibile a pochi.
Ecco, con la morte di Falcone quegli uomini ci hanno voluto dire che loro vinceranno sempre, che sono i più forti, che hanno il potere di uccidere chiunque.
Un segnale che è arrivato frastornante e pauroso.
I primi effetti si stanno facendo vedere immediatamente, i primi pentiti ritireranno le loro dichiarazioni, c'e chi ha paura come Contorno, che accusa la giustizia di dargli poca protezione.
Ma cosa possono fare ministri, polizia, carabinieri?
Se domandi protezione, te la danno, ma ti accorgi che non hanno mezzi per rassicurare la tua incolumità, manca personale, mancano macchine blindate, mancano le leggi che ti assicurino che nessuno scoprirà dove sei.
Non possono darti un'altra identità, scappi dalla mafia che ha tutto ciò che vuole, per rifugiarti nella giustizia che non ha le armi per lottare.
L'unica speranza è non arrendersi mai.
Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti.
L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore.
Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare.
Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.

Rita Atria
Erice, 5 giugno 1992




Diario















E' incomprensibile come un sorriso ti possa affascinare, come due occhi ti possano far innamorare, come un silenzio ti possa far stare male, come una carezza ti possa far rabbrividire, come una voce invada il tuo cuore, come il desiderio di un uomo i sensi ti possa risvegliare...
L'incomprensibile, l'inspiegabile, forse troppe domande per chi è ancora solo una piccola ragazzina.
Rita Atria

Attendere chi. O cosa?
Forse una speranza
l'illusione di cambiare ciò che ti circonda
talmente complicato perché sai che mai
ciò che è stato rubato ti potrà essere restituito
puoi gridare, piangere, soffrire,
ma nessuno ascolterà, nessuno ti capirà
anzi ti giudicherà.
Rita Atria

Una sottile e cupa oscurità ti invade
però stavolta non è la paura che ti impedisce di vedere, è proprio la sera,
è proprio la poca luce della luna che ti fa spegnere.
Piano, piano, dolcemente quasi fino a farti morire dentro
Rita Atria

Credo proprio che mai Culicchia andrà in galera.
Ha ucciso, rubato, truffato ma mai nessuno riuscirà a trovare le prove che lo accusano e provino che dico la verità.
Sono sicura che mai riuscirò a farmi credere dai giudici, vorrei che ci fosse papà, lui riuscirebbe a trovare le prove che lo facciano apparire per quello che veramente è, cioè Culicchia è solo un assassino truffatore, ma naturalmente le parole di una diciassettenne non valgono nulla.
Io sono solo una ragazzina che vuol fare giustizia e lui un uomo che interpreta benissimo la parte del bravo e onesto onorevole.
Io non potrò più vivere, ma lui continuerà a rubare, e a nascondere che è stato lui a far uccidere Stefano Nastasi.
Già come sempre vince chi è più bravo a truffare la vita.
Rita Atria


[l'on. Culicchia è stato assolto. Oggi - anno 2007 - è sindaco di Partanna e onorevole all'Assemblea Regionale Siciliana eletto con Democrazia è libertà - La Margherita, attualmente iscritto al gruppo Movimento per l'Autonomia. aggiornamento settembre 2007]


E' una lunga sera...
E' una lunga sera e nel cielo ci sono milioni di stelle, una più affascinate dell'altra, in ognuna c'è un piccolo segreto, ognuna ha un lungo viaggio da compiere, e una di esser, proprio la più piccola, la più lucente, la più lontana, sta compiendo per me il più lento ed il più lungo dei viaggi, per arrivare in un luogo chiamato infinito, proprio lì sono i miei due grandi amori, proprio lì nell'infinito un giorno potrò riabbracciare le mie stelle.
Quelle stelle che avranno il potere di illuminare l'immensità del cielo e che nessuno potrà più spegnere mai.
Rita Atria

Ora che è morto Borsellino...
Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.
Tutti hanno paura ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi.
Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combarrete la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi.
Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi
ma io senza di te sono morta.
Rita Atria

26 luglio 1992, ore 15 circa... Ciao Rita!


Cinema




Nel 2007 Veronica D'Agostino ha impersonato Rita nel film La siciliana ribelle del regista Marco Amenta.
Il film ha suscitato la reazione di Piera Aiello che ha accusato il regista di intenti speculativi.
* La siciliana ribelle
Film di Marco Amenta sulla vita di Rita Atria
Storia di Rita, "La siciliana ribelle" che a 17 anni osò sfidare la mafia







Picciridda Film - Documento dedicato a Rita Atria - di Alberto Castiglione giovane regista Palermitano
presentato alla 60° mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2003.
Il film ha ricevuto una "Menzione speciale al premio internazionale Rocco Chinnici" per l'impegno antimafia.





Non Parlo Più
Fiction di RAI DUE particolarmente riuscita.
Questo film-fiction ha poco di finzione e riesce a ripercorrere in un susseguirsi di fotogrammi di vita la vera storia di due donne: Rita Atria e Piera Aiello.
La fiction non è distribuita dalla RAI e ci chiediamo perché. Infatti grazie a questo film molte scuole sono riuscite a far entrare Rita anche nel cuore di ragazzi "difficili".
Regia di V. Nevano



Bibliografia:

* Maria Pia Daniele Il mio giudice, 1993 ed. Ridotto;
2002 ed. Deep collana Teatro;
vedi anche Paolo Borsellino: silenzi e voci, 2003 ed. Sezione palermitana dell'Associazione Nazionale Magistrati, a cura di Maria Randazzo
* Carlo Lucarelli, Trapani, coppole e colletti bianchi in Storie di bande criminali, di mafie e di persone oneste, 1a ed. Einaudi, 2008. pp. 332-395 ISBN 978-88-06-19502-1

Teatro:

Il mio giudice, tragedia di Maria Pia Daniele su Rita Atria e Paolo Borsellino,
rappresenta l’Italia al Festival internazionale di Drammaturgia Bonner 1994, è premiato all’Ugo Betti.
Allestimenti: produzione Laboratorio Teatro Settimo 1993, regia di Valter Malosti, interprete Almerica Schiavo partecipa alla rassegna Un palcoscenico delle donne a cura di Franca Rame e Dario Fo (Milano 1994);
è in scena in russo con la compagnia del Teatro Stabile di Kaliningrad (Tilsit, 1995);
riadattato per la televisione in La ragazza infame, è realizzato da Rai International, direttore Franco Scaglia, e dal Teatro Stabile di Parma, regia di Gigi Dall'Aglio, interprete Elisabetta Pozzi, va in onda America, Sudamerica e Australia (2000/2002);
è riproposto da RadioTre per “Teatri sonori” (Radio Rai, 2002);
è libretto d’opera per Requiem per Rita Atria regia di Valter Malosti, musiche di Furio Di Castri (Torino, Teatro Regio 2008).
Nel decennale delle stragi di Capaci e via D'Amelio e della morte di Rita Atria, debutta come monologo alla XXI edizione delle Orestiadi, diretto dall’autrice, produzione Deep, musiche di Nicola Sani (Baglio di Stefano, Gibellina 2002), è radiotramesso da “RadioTre Suite” (Radio Rai 2002), partecipa a varie rassegne tra cui Teatri della Legalità (S.M.Capua Vetere, Teatro Garibaldi 2008), Ville Vesuviane per le Celebrazioni Leopardiane (Torre del Greco, Villa Ranieri 2009).

I ragazzi del Datini di Prato, portano in scena al Politeama “La picciridda”, storia degli ultimi anni di Rita Atria
Un testo di grande impatto emotivo e valore civile che vedrà protagonisti sul palco del Politeama stasera, venerdì 29 ottobre (ore 21), i ragazzi dell’istituto Datini. E’ “La Picciridda” una rappresentazione corale che vede impegnati studenti, il preside Roberto Paganelli e alcuni insegnanti, oltre al personale amministrativo e tecnico della scuola. Promosso dall’istituto Datini insieme all’assessorato alla Pubblica istruzione della Provincia di Prato lo spettacolo punta i riflettori sul tema sempre ricorrente della legalità e invita i partecipanti a una riflessione sul suo valore.
Scritto e sceneggiato da Pier Luigi Gabbriellini “La Picciridda” ripercorre gli ultimi anni di Rita Atria, ragazza che appena diciassettenne decide di rinnegare la propria famiglia, e soprattutto le origini mafiose, schierandosi con la Giustizia. Sue padre era infatti un mafioso, così come la cultura nella quale era cresciuta. Ma ribellandosi al destino Rita divenne testimone di giustizia e il giudice Paolo Borsellino la prenderà sotto la sua ala, proteggendola. Quando il giudice fu ucciso nell’attentato di via D’Amelio, Rita, “la picciridda”, come era solito chiamarla Borsellino, non resse alla pressione e si tolse la vita.
Già rappresentato con successo negli anni passati lo spettacolo, per il quale i ragazzi hanno curato oltre alla recitazione i balletti, le musiche (alcune suonate anche dal vivo), le luci e la grafica, rappresenta il momento finale del progetto “Educare alla Legalità”, inaugurato nell’anno scolastico 2005/2006, che ha coinvolto gli studenti dell’istituto in approfondimenti e studio della tematica della legalità.